Qual è la situazione del gioco problematico e patologico in Italia? Secondo il Dipartimento per le Politiche Antidroga “La dimensione del fenomeno è difficilmente quantificabile in quanto, ad oggi, non esistono studi accreditati, esaustivi e validamente rappresentativi del fenomeno.”. Io aggiungo che le ricerche disponibili sono usate male, anche ad arte, dal punto di vista della corretta informazione all’opinione pubblica, e che di esagera la dimensione e criticità del fenomeno.
La comunità medico-scientifica afferma che la condizione di “giocatore patologico”, riconosciuta come malattia, può essere determinata soltanto da parte di uno psichiatra attraverso un colloquio clinico con il paziente, ed è diagnosticata quando sono accertati almeno 5 tra i 10 comportamenti e conseguenze indicati dal manuale di psichiatria DSM-IV.
Il metodo DSM-IV è anche adottato come questionario nelle indagini epidemiologiche per la misura della prevalenza di comportamenti di gioco a rischio. Viene definito come “problematico” il comportamento dei soggetti che rispondono positivamente ad almeno 3 domande su 10. La British Gambling Prevalence Survey del 2010 misura in tal modo un tasso di gioco problematico dello 0,9% in Gran Bretagna. Il tasso di soggetti che hanno risposto positivamente a 5 domande o più dello DSM-IV è invece pari a 0,4%. Questa circostanza è istruttiva. Anche se lo 0,4% non costituisce una misura del tasso di giocatori “patologici”, consente di presumere in via indicativa che i giocatori patologici sono meno della metà dei giocatori problematici. Per completezza, la Survey britannica adotta anche il metodo CPGI – Canadian Prevalence Gambling Index con il quale ottiene un tasso di prevalenza del gioco problematico pari allo 0,7%.
Le indagini italiane con valore istituzionale di cui disponiamo sono le IPSAD, condotte dal CNR, che misurano le dipendenze su un campione della popolazione con età compresa tra 15 e 64 anni. Per il gioco è adottato il metodo CPGI. Questo metodo classifica secondo 4 gradi di rischio, assenza di rischio, rischio minimo, rischio moderato e rischio problematico. La relazione della ricerca IPSAD 2007–2008 riporta testualmente: “Assenza di rischio: 80%, rischio minimo 14%, rischio moderato 5%, gioco patologico 1%”. Ma la categoria a rischio più elevato del metodo CPGI è quella del “gioco problematico”. È evidente che 1% (o meglio 0,8%, come indicato in altri comunicati) non è il tasso di giocatori patologici ma il tasso di giocatori problematici, che è una bella differenza.
Disponiamo anche di dati più recenti resi disponibili solo ora, con scarsa pubblicità. Il 14 febbraio 2014 il CNR ha pubblicato un breve comunicato che illustra i risultati dell’indagine ISPAD 2010–2011. Riguardo al gioco il comunicato si esprime così: “A creare una vera e propria emergenza socio-sanitaria, infine, il gioco d’azzardo. In Italia, quasi la metà (47%) della popolazione tra 15 e 64 anni, circa 19 milioni di persone, nel 2011, ha giocato almeno una volta: circa 2 milioni (11%) sono classificabili a basso rischio, 800.000 (4,3%) a rischio moderato e 250.000 a rischio problematico.”. Questa volta il CNR usa l’aggettivo giusto: problematico, non patologico.
Ma io questi dati li commento in modo assai diverso dal CNR. Se il numero dei giocatori a rischio problematico è pari a circa 250.000, vuol dire che il tasso rispetto alla popolazione di giocatori e non giocatori nel 2010-2011 è pari a 0,63% (riportare i tassi vs la popolazione dei soli giocatori è una manipolazione) minore del dato di 0,8% misurato nel 2007–2008. Nonostante l’aumento dei volumi di gioco il tasso di gioco problematico in Italia è in calo. Il dato è simile, addirittura minore, di quello della Gran Bretagna.
Se i giocatori problematici sono 250.000 i giocatori patologici sono meno della metà, grosso modo 100.000, molte volte di meno del dato di 800.000 che viene spesso dichiarato. Anche in questo caso la verità è oggetto di una manipolazione. Per denunciare una situazione di rischio eccezionale è utilizzato il dato dei giocatori “a rischio moderato” misurato dall’indagine ISPAD del 2007-2009, che tra l’altro non pare cambiato nel 2010-2011, spacciando così per malati giocatori che non lo sono affatto e che magari sarebbero infuriati ad essere considerati tali.
Pare sia stata prodotta un’amplificazione mostruosa delle dimensioni reali del fenomeno. Pur se la dipendenza da gioco resta un problema serio, i dati epidemiologici mostrano una situazione assai meno grave di quella finora raccontata alla politica e all’opinione pubblica.