La definizione italiana del gioco d’azzardo è fornita, dal punto di vista legislativo, dall’articolo 721 del codice penale, che definisce “giuochi d’azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria;”. Gli articoli 718 – 720 stabiliscono poi che il gioco d’azzardo, in luoghi diversi dai quattro casinò fisici, è sanzionato penalmente.
Il combinato disposto degli articoli 718 – 721, o almeno l’interpretazione letterale degli stessi, determina una vistosa contraddizione, tenuto conto che almeno a partire dalla fine del secolo scorso sono stati progressivamente introdotti giochi che pacificamente contengono elementi dell’azzardo, come definiti dall’articolo 718 stesso, fino alla introduzione nel 2009 dei giochi di casinò online, inclusi roulette e slot, identici a quelli dei casinò, ancorché giocati online.
Questa contraddizione è stata affermata anche dal Ministero degli Interni nella relazione del 19 settembre del 2008 con la quale invita il Consiglio di Stato a pronunciarsi riguardo al poker live, e dal Consiglio di Stato nella sua risposta del 22 ottobre 2008. Quest’ultimo cita poi, al riguardo, la sentenza “illuminante” n. 185 del 2004 della Corte Costituzionale che fornisce con una lettura ermeneutica delle norme del codice, ritenendo che “la ratio dell’incriminazione del gioco d’azzardo non risieda nel disvalore che il gioco con profili di azzardo esprimerebbe in sé.”, ma che “le fattispecie penali rispondono invece all’interesse della collettività a veder tutelati la sicurezza e l’ordine pubblico in presenza di un fenomeno che si presta a fornire l’habitat ad attività criminali.”.
La Corte Costituzionale in sostanza afferma che i giochi d’azzardo non devono essere interpretati come illegali per sé. I giochi d’azzardo devono essere interpretati come illegali se sono offerti in condizioni che non garantiscono la tutela dell’ordine pubblico e la protezione dalle infiltrazioni criminali vale a dire, nella legislazione italiana, se sono offerti al di fuori dalla riserva statale. Io sostengo questo nei miei articoli dal 2009.
Stabilita l’opportunità della rimozione della contraddizione che afferma la contemporanea legalità e illegalità dei giochi d’azzardo, resta comunque aperta la questione riguardo all’attualità, funzionalità ed efficienza della definizione italiana di “gioco d’azzardo”.
Ieri ho pubblicato un post nel quale illustro i risultati di una ricerca scientifica che, in modo rigoroso e quantitativo, individua il peso dell’alea e dell’abilità nel gioco del poker cash (online). La risposta alla domanda cruciale se sia prevalente l’alea o l’abilità dipende dal numero delle mani che si assume “costituiscano” il gioco del poker. La ricerca dimostra che performance conseguite sono persistenti e sono chiaramente migliori nei giocatori con maggiore numero di mani giocate, rispetto ai giocatori con minore esperienza. Per un numero limitato di mani, 10 o anche 100, il poker è un gioco ad alea prevalente. Ma con un numero di mani superiore, pari a circa 6.500, equivalente a 100 ore di gioco, comunque piuttosto contenuto, i giocatori che hanno conseguito in passato migliori performance (il decile dei giocatori con migliori risultati) prevalgono 75 volte su 100 sui giocatori che hanno conseguito in passato peggiori performance (il decile dei giocatori con peggiori risultati).
Perciò, curiosamente, il gioco del poker potrebbe essere definito ad alea predominate per il giocatore occasionale, che gioca in modo veramente edisodico, ed è invece ad abilità prevalente non solo per i regular ma anche per i giocatori ricreazionali che lo praticano con una certa continuità, dedicandogli ad esempio qualche ora a settimana, non necessariamente con regolarità.
Il poker, sulla base di questa ricerca, dovrebbe essere escluso dal novero dei giochi d’azzardo. Con la conseguenza che sarebbe difettosa anche la definizione di “gioco d’azzardo patologico – GAD” acclamata come appropriata rispetto alla giustamente denigrata definizione di “ludopatia”, e introdotta nel draft del decreto delegato già diffuso dalla stampa. A meno che non si voglia accettare che il poker deve essere escluso dal novero dei giochi che possono provocare GAP. Cosa che non credo.
Per risolvere la questione, può essere interessante esaminare le definizioni equivalenti alla nostra di “gioco d’azzardo”, che sono utilizzate dagli altri principali Paesi europei.
La Francia definisce come jeux de hasard quelli “dans les quels la chance prédomine sur l’adresse et les combinaisons sur l’intelligence”, cioè quelli nei quali la sorte predomina sull’abilità e le combinazioni prodotte dal caso sull’intelligenza. Non menziona il lucro. Sicché sia la definizione italiana sia quella francese individuano come giochi d’azzardo quelli nei quali il risultato dipende dalla sorte, contrapponendoli così ai giochi d’abilità. Entrambe comporterebbero l’esclusione del poker dal novero di tali giochi.
Il termine inglese “gambling”, invece, ha un significato non collegato al peso della sorte. Il vocabolario lo definisce come un’attività “in which you risk money in the hope of winning more money if you are lucky or if you guess something correctly”. È “gambling” se rischio denaro su un evento ad esito incerto. Ci sta in pieno anche il poker.
La Gambling Commission, poi, ha un approccio molto empirico, ce lo dovevamo aspettare. Fin dal 2005 definisce “gambling” nel modo seguente: “gambling” means: a) gaming, b) betting, and c) participating in a lottery. Definisce poi ciascuna delle tre fattispecie. In particolare “gaming” means: “playing a game of chance for a prize”. “Game of chance” includes: i) a game that involves both an element of chance and an element of skill, ii) a game that involves an element of chance that can be eliminated by superlative skill, and iii) a game that is presented as involving an element of chance. Ho voluto darvi i dettagli per evidenziare che gli inglesi prevedono che in certi giochi un’abilità particolarmente elevata “permetta di ridurre o eliminare l’incertezza della vincita o consenta di vincere sistematicamente”, almeno sul medio lungo termine (tra virgolette ho riportata una delle credenze che è vietato che la pubblicità induca a ritenere, secondo il codice di autodisciplina IAP del gioco, che è stato integralmente adottato all’articolo 32 del draft del decreto delegato).
Dovremmo imitare gli inglesi. Conservando l’espressione “gioco d’azzardo”, ma attribuendogli il significato dell’inglese “gambling”. Quindi, gioco per soldi, con lo scopo di vincerne di più. Cioè “a scopo di lucro”. Questa espressione dell’articolo 718 c.p. può essere conservata, con un’interpretazione ben più ampia, non limitandola al caso di importi di valore eccezionale, “contorsione” che si rendeva necessaria per escludere dalla sanzione dell’articolo 721 c.p. situazioni di gioco d’azzardo oggettivamente innocue. Gioco in condizioni di rischio, a esito comunque incerto, in relazione alla presenza dell’alea, ancorché dominata dall’abilità, ovvero da circostanze non prevedibili o non completamente prevedibili.