A inizio settembre il M5S presentò alla Camera il disegno di legge “Introduzione del divieto di pubblicità per i giochi con vincite in denaro” che ha come oggetto esclusivo il divieto totale e la sanzione della pubblicità del gioco. Un ddl con identico testo fu presentato dal M5S pochi giorni prima alla Camera. Un ddl molto simile a questi fu presentato sia alla Camera sia al Senato a fine luglio da deputati e senatori appartenenti a PD, PdL, SEL e Scelta Civica. I ddl sono ora all’esame delle Commissioni competenti. Il divieto totale della pubblicità del gioco è anche contenuto del ddl presentato a fine giugno, che riprende quasi integralmente il testo dello schema di decreto delegato di riforma del gioco predisposto e poi abbandonato dal Governo a fine giugno. Il divieto totale della pubblicità è pure previsto dal ddl che ha ad oggetto misure per la prevenzione, il contrasto e la cura della dipendenza dal gioco d’azzardo, già sottoposto nei primi mesi del 2015 alla valutazione della Commissione Affari Sociali della Camera.
Gli argomenti che supportano queste proposte di legge sono simili. E sono discutibili, per usare un eufemismo, come mostrerò successivamente. I dati riportati esagerano la dimensione e il trend del fenomeno del gioco e delle sue conseguenze. Sono in contrasto con i dati resi dalle fonti accreditate e/o competenti esistenti. Le conclusioni sono in contraddizione con le raccomandazioni in materia di comunicazione commerciale e di tutela del consumatore espresse nel 2014 dalla Commissione Europea. Sono in contrasto anche con gli orientamenti di tutti i Paesi europei che si sono dotati di una legislazione nazionale del gioco online. Nessuno di essi vieta la pubblicità del gioco che ha regolato e reso legale sul proprio territorio, pur se tutti manifestano attenzione e anche preoccupazione per le conseguenze dannose del gioco eccessivo e perseguono attivamente la regolazione rigorosa della pubblicità del gioco. La Germania, talvolta menzionata come un caso diverso, vieta la pubblicità del gioco online ma essa non ha ancora introdotto una regolazione nazionale del gioco online.
Esaminiamo una selezione delle affermazioni e argomenti della relazione di accompagnamento al ddl presentato dal M5S, che sono utilizzati anche dai promotori degli altri ddl per motivare le misure restrittive. Riporto tra virgolette il testo del ddl e, per ciascuna citazione, il mio commento.
→ “il marketing ha portato ad azzardare una quantità di persone impressionante, circa 15 milioni di giocatori abituali”
L’ultima indagine IPSAD condotta nel 2013 dal CNR, che pur insufficiente costituisce oggi la fonte più attendibile, individua in circa 16 milioni le persone che hanno giocato almeno 1 volta nell’anno, pari al 41% del totale. Non sono giocatori abituali, ma persone che, ad esempio, potrebbero aver comprato 1 solo gratta e vinci da 1 euro nel corso di un intero anno. Persone che in larga misura non si considerano certo giocatori. Inoltre la quota della popolazione che ha giocato almeno una volta nell’anno in Italia è in calo ed è inferiore, ad esempio, alla quota della popolazione che ha giocato almeno una volta nell’anno nel Regno Unito (65% in Inghilterra e Scozia nel 2012) o in Francia.
→ “Ne sono una prova i dati sulla spesa, in rapidissima crescita con incrementi fino al 30% annuo (2011)”
La spesa vale a dire la quota del reddito sottratta ad altri consumi, dopo un lungo periodo di crescita è da anni in contrazione. Secondo i dati ufficiali dell’ADM la spesa era pari a 18 miliardi di euro nel 2011 ed è progressivamente calata nel successivo triennio. L’uso di aggettivi quali “esplosivo” o “esponenziale” come minimo è esagerato, tanto più che la crescita è avvenuta a seguito dell’introduzione di nuovi giochi ed è stata indubbiamente accompagnata dalla sottrazione di quote di gioco al circuito illegale. La spesa è pari agli importi scommessi meno le vincite restituite ai giocatori. Coloro che si fanno giudici del gioco senza aver giocato né conoscere i giochi sappiano che nei giochi attuali, quelli a elevata ripetizione e vincite generalmente contenute, le vincite non vanno solo a pochi fortunati vincitori, come nella vecchia lotteria di Capodanno, ma vanno più o meno proporzionalmente a tutti, tanto più se il giocatore gioca abitualmente e non invece 1 volta all’anno.
→ “… e le preoccupazioni già espresse nella relazione al Parlamento resa nel 2012 dal Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri sul rischio di una vera emergenza sociale”
La recentissima “Relazione Annuale al Parlamento su droga e dipendenze 2015″ che il Ministero della Salute ha inviato al Parlamento fornisce un quadro diverso, più sereno ed equilibrato, della situazione e del fenomeno del gioco problematico, rispetto a quanto faceva la citata Relazione del Dipartimento delle politiche antidroga che, forse, si allineava all’ondata emotiva prodotta dalla campagna di contrasto al gioco ed al sentimento politico divenuto prevalente. Come affermato dal Ministero della Salute ora si sta riconoscendo che non esiste alcun allarme sociale, che il problema presenta profili analoghi a quelli rilevati in altri Paesi europei (questo lo dice il Ministero della Salute non io) e che un approccio sereno e misurato è forse più appropriato per gestire efficacemente il problema.
→ “… anche le stime più ottimistiche parlano di un numero di giocatori patologici tra gli 800.000 e i 900.000, pressoché il doppio dei tossicodipendenti calcolati in Italia”
L’affermazione contenuta nella relazione di accompagnamento al ddl è frutto di una grossolana svista (speriamo sia così) nell’interpretazione dei dati epidemiologici. Va innanzitutto premesso che i dati disponibili per via d’indagine epidemiologica riguardano i giocatori problematici, che includono, oltre ai patologici, anche i giocatori che hanno “solo” un problema con il gioco e che pertanto potrebbero, solo in parte ed eventualmente, raggiungere la condizione patologica. Ma la condizione della patologia, secondo il DSM, cioè secondo quanto affermano psichiatri e terapeuti, può essere diagnosticata solo con un colloquio clinico con un professionista qualificato. Perciò vanno individuati come giocatori con patologia da gioco d’azzardo coloro che sono accolti e ascoltati presso i SERT. Se ne contano alcune migliaia (pur se essi saranno certamente una parte del totale). Le indagini epidemiologiche misurano invece la prevalenza del gioco problematico. Le migliori di cui disponiamo sono le IPSAD condotte dal CNR, sulla cui base sappiamo che nel 2013 i giocatori problematici risultavano pari a circa 250.000, lo stesso numero registrato nel 2008, prima della diffusione delle Videolotteries. Per raggiungere il numero di 800.000 – 900.000 indicato nella relazione del M5S bisogna sommare ai giocatori problematici anche i giocatori che l’indagine classifica a rischio moderato. La relazione del M5S ha pertanto calcolato tra i giocatori affetti da patologia da gioco individui che malati non sono affatto, e che sarebbero molto irritati, fino alla querela, per essere considerati malati di gioco. I promotori del ddl, pur di difendere i propri obiettivi hanno avuto anche il coraggio di premettere l’inciso “anche le stime più ottimistiche …”, maltrattando così la verità. Proiettando i dati rilevati dalla indagine BGPS della Gambling Commission UK io stimo che il fenomeno sia stato esagerato di un ordine di grandezza, cioè che i giocatori con patologia potrebbero essere 80.000 – 90.000. Fermo restando che ci sono tanti gradi di patologia. Cioè dei 250.000 problematici misurati dalla indagine IPSAD 2013 circa un terzo sarebbe patologico e circa due terzi no. I giocatori patologici non sono il doppio ma probabilmente solo un quinto dei tossicodipendenti. Questo cambia ovviamente la rilevanza del problema, ma evidentemente si ha più interesse a occuparsi di gioco patologico invece che di tossicodipendenza, alcolismo, e altre dipendenze.
→ “Va detto che la maggior parte dei minorenni (51%) ha giocato d’azzardo almeno una volta nell’ultimo anno … (Nomisma)”
Premesso che l’indagine di Nomisma si riferisce agli studenti di età compresa tra 14 e 19 anni di età, quindi per circa un terzo a non minorenni, la classificazione come giocatore può corrispondere anche allo sporadico acquisto, ad esempio, di un gratta e vinci, o ad una partita a carte per soldi con i compagni di classe (voi non l’avete mai fatto quando andavate a scuola? Io sì, eppure nessuno mi ha mai considerato a rischio). Soprattutto si deve considerare che, come documentato dalle indagini ESPAD del CNR dedicate agli studenti tra 14 e 19 anni, sia la propensione al gioco sia la prevalenza di gioco problematico delle popolazioni giovanili italiane è in calo dal 2008, ben prima che a fine 2011 una potente élite ideologica desse vita a una indiscriminata reazione contro il gioco, occupando l’opinione pubblica, senza distinguere tra legale ed illegale. Non solo, la quota di giocatori e la quota di giocatori problematici tra gli studenti italiani sono entrambe inferiori o al più allineate ai livelli registrati nei Paesi occidentali ed europei per i quali disponiamo di dati, ad esempio il Regno Unito. È propria dell’adolescenza la ricerca della trasgressione, ma i nostri ragazzi non sembrano avere individuato nel gioco d’azzardo una forma di trasgressione di particolare interesse. Basta guardarsi intorno per rendersene conto. La trasgressione è forse espressa con altre modalità che dovrebbero essere più del gioco d’azzardo oggetto di attenzione, e invece sono trascurate.
→ “I giochi a bassa latenza, cioè con breve lasso di tempo tra la giocata e l’esito (dell’ordine di minuti o secondi : … ), più pericolosi nell’indurre dipendenza erano confinati in pochi luoghi, mentre erano più diffusi ed accessibili i punti di offerta di azzardo a maggiore latenza, in decine di migliaia di punti di offerta”
È vero che si è verificata una forte evoluzione del mix di offerta e consumo del gioco, alla quale è correlato il forte aumento della quota restituita in vincita al giocatore. Ma tale evoluzione è coerente con il generale cambiamento, in gran parte determinato dalle tecnologie, delle abitudini e modalità della comunicazione e delle relazioni attuali rispetto a quelle di solo pochi anni fa. Nell’esperienza di tutti, compresi i meno giovani e, in prima fila, i professionisti della politica, è normale la connessione e comunicazione ripetuta mediate internet, smartphone e tablet, con ritmi e frequenze di interazione che sarebbero parsi ossessivi pochi anni fa. Sarebbe inimmaginabile che tale trasformazione del costume possa essere esclusa dall’ambito del gioco. Va tuttavia considerato che l’utenza contemporanea è attrezzata a convivere con le frequenze di interazione che tali strumenti consentono, che sono diventate una modalità quotidiana e normale in ogni ambito di attività lavorativa e di intrattenimento, incluso il gioco, non solo quello con vincita in denaro.
→ “La pubblicità ha assunto un ruolo determinante e pesantissimo”
Le evidenze fattuali, ad esempio la ricerca scientifica condotta dal Committees of Advertising Practice – CAP, che assieme all’Advertising Standards Authority – ASA è responsabile della definizione e gestione delle regole della comunicazione commerciale in UK, mostrano che ad esempio “in UK i tassi di partecipazione al gioco delle categorie a rischio e dei minori sono rimasti stabili, nonostante la crescita senza precedenti della pubblicità”. La ricerca Nomisma menzionata nella relazione di accompagnamento al ddl del M5S evidenzia che alla domanda “per quale motivo hai cominciato a giocare?” solo il 4% degli studenti risponde “incuriosito dalla pubblicità che ho visto”. Non sono io il primo a indurre che assieme all’incremento degli stimoli si sviluppano parallelamente nei sistemi sociali maggiori capacita di resistenza in chi agli stimoli è esposto. Inoltre chi si scaglia contro la pubblicità eccessivamente invasiva del gioco sappia che secondo i dati Nielsen relativi nel periodo gennaio – maggio 2015 gli investimenti in pubblicità del settore del gioco rappresentano solo lo 0,8% del totale della pubblicità in Italia (accesi censori del gioco, dite la verità, quanto pensavate fosse?) e quindi gli spazi acquistati hanno la stessa proporzione. In più, gli investimenti pubblicitari del gioco sono in calo da tre anni. La pubblicità del gioco non è affatto invasiva e non esiste alcuna “esplosione” della pubblicità, se non per coloro la cui percezione è oscurata dal pregiudizio.
→ “… Essa promuove una visione distorta dell’individuo e dei rapporti sociali. Induce la ricerca di un successo economico, individuale ed egoistico, stridente con i doveri di solidarietà enunciati dagli articoli 2 e 4 della “Costituzione”
La pubblicità del gioco in Italia non ha i profili ingannevoli e perversi che descritti nella relazione del M5S e affermati da tanti oppositori del gioco. I concessionari del gioco associati in Confindustria si sono dati un codice di regole che è allineato ai migliori standard europei e internazionali. Sostengono da tempo la sua trasformazione in legge dello Stato, anche con gli eventuali miglioramenti che fossero ritenuti opportuni. I concessionari hanno aderito con tale codice all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria – IAP, al cui controllo e intervento sanzionatorio tutti i concessionari sono sottoposti, assieme ai media che ospitano la pubblicità. Peraltro la pubblicità ingannevole è già vietata e sanzionata dalla legge italiana per qualsiasi prodotto. Attribuire l’aggettivo “ingannevole” genericamente alla pubblicità dei concessionari del gioco è calunnioso e diffamatorio.
→ “Peraltro, anche le stime sui volumi di gioco illegale sono in aumento, dimostrando con ciò che le motivazioni addotte nel disporre la proliferazione dell’offerta e della pubblicità connessa erano infondate”
È vero che negli ultimi tempi la stessa GdF ha registrato un’inversione di tendenza nella presenza dell’offerta illegale, dopo molti anni nei quali la sua presenza si era ridotta progressivamente. La relazione del M5S sbaglia però nella diagnosi. La causa è riconducibile alle iniziative eccessive d’interdizione del gioco legale sul territorio da parte soprattutto delle amministrazioni locali, che hanno inibito l’offerta legale lasciando spazio e opportunità al mercato illegale.
→ “Infine è piuttosto evidente che le sacche d’illegalità che veniamo ora a scoprire nel mercato dell’azzardo “online” sarebbero molto ridimensionate proibendo la pubblicità che nella rete Internet è fondamentale per la conoscibilità dei siti”
Si fa qui presumibilmente riferimento alle sacche d’illegalità accertate dalla recente operazione “Gambling” coordinata dalla Direzione distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Non è stata però colta la vera natura dell’attività illegale, che non è affatto gioco online. Il comunicato della Procura della Repubblica emesso il 22 luglio scorso ha chiarito che i bookmaker esteri oggetto delle misure cautelari utilizzavano surrettiziamente la licenza estera online posseduta per effettuare “raccolta da banco dei giochi e delle scommesse, che si è concretata attraverso una rete di agenzie inquadrate come meri CTD” e che pertanto la raccolta “non è avvenuta attraverso una transazione online in quanto le poste dei giocatori sono state acquisite in contanti o tramite assegni direttamente consegnati al gestore del punto dislocato sul territorio”, quindi in modo anonimo e senza la preventiva registrazione del giocatore, nelle forme proprie del gioco del canale fisico, non del gioco online (il corsivo e del Procuratore della Repubblica). Nel modus operandi di tali soggetti nulla è “gioco online” salvo il titolo autorizzativo dietro il quale essi cercavano di mascherare l’attività illecita. Per tale offerta di gioco la pubblicità è irrilevante, perché il reclutamento del giocatore avviene attraverso la relazione diretta presso i punti sul territorio. La conclusione espressa nella relazione del M5S è comunque errata, anche con riferimento all’offerta di gioco illegale effettivamente online, nella quale il giocatore interagisce con l’operatore di gioco attraverso la rete internet e non attraverso punti fisici. Con riferimento alla pubblicità, che è davvero essenziale per il gioco online legale come unico mezzo per rendere nota al consumatore l’esistenza stessa del prodotto e le modalità di accesso, la Commissione Europea raccomanda ai Paesi Membri una regolazione della pubblicità che sia “contenuta e strettamente limitata a quanto necessario al fine di canalizzare i consumatori verso le reti di gioco controllate” e afferma che le “comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d’azzardo on line possono svolgere un ruolo importante nell’orientare i consumatori verso offerte permesse e controllate”. La Commissione Europea ha sempre sostenuto che il gioco online illegale può essere efficacemente contrastato solo con un’offerta legale appetibile. Qualora la pubblicità venisse proibita i siti online illegali, ai quali è comunque preclusa la pubblicità televisiva, potrebbero impunemente continuare l’azione pubblicitaria attraverso il canale Internet, a differenza dei siti legali che subirebbero in tal caso le inevitabili sanzioni. Pare pacifico, per via di logica, che le cose stanno proprio alla rovescia di quanto sostenuto dai promotori dei ddl che perseguono il divieto della pubblicità del gioco legale.
In conclusione, nessuna delle argomentazioni sostenute nelle relazioni di accompagnamento dei ddl che pretendono il divieto totale della pubblicità anche del gioco lecito, resiste a una analisi attenta ed informata dei fatti e delle dinamiche non solo nazionali del complesso settore del gioco. Nessun Paese europeo sta adottando la linea del divieto pretesa da tali ddl. Il divieto totale esiste generalmente laddove è vietato anche il gioco stesso. Si sta riconoscendo che gli impatti sociali del gioco in Italia sono paragonabili a quelli registrabili in altri Paesi europei, pur se taluni eccessi nella diffusione del gioco, particolarmente in taluni settori, devono essere riportati sotto controllo. Alcuni dei firmatari dei disegni di legge per il divieto della pubblicità del gioco hanno indicato il Marocco, che ha vietato la pubblicità del gioco, come esempio e riferimento da seguire. Si rendono conto costoro che in Marocco sussiste il divieto totale anche della pratica del gioco e del consumo di alcolici? Non è vietato fumare nei pubblici locali in compenso. È il caso di decidere a quale storia gli italiani appartengono e in quale cultura si riconoscono.